IN-OUT
Nove marzo duemilaventi. La mia casa, le pareti entro cui mi trovo
sono lo spazio e l’unico panorama che mi è concesso per i prossimi due
mesi. La quotidianità circoscritta spazialmente influisce sulla percezione
temporale, vivo ogni giorno lo stesso giorno.
Cinque varietà
emotive: camera da letto, soggiorno, bagno, cucina, giardino. Le stanze sono
una mia estensione; le osservo e le contemplo nella loro staticità.
L’esterno è il
mio interno. Il mio interno è l’esterno. Sospesa, io sono la mia casa e
mi registro per non perdermi.
Cambio di prospettiva:
guardare dentro anziché fuori, poiché dentro e fuori si compenetrano. Siamo
soliti cercare e osservare l’esterno, l’esotico, l’estraneo,
il nuovo. Il lockdown ha consentito un cambio di
prospettiva che ha aperto il chiuso.
Delle micro interviste
agli oggetti e spazi che definiscono la mia casa, che definiscono me.
OUT-IN
Dalla torre di
controllo monitoro una porzione della città e le sfumature di vuoti che
caratterizzano il suo essere.
Ho l'accesso al mondo
esterno grazie ad una piattaforma di 500x150cm: ogni giorno osservo la
contingenza marginale che non può essere dimostrata una volta per tutte, ma
neppure essere negata.
Le possibilità di
rilettura del contesto esterno non dipendono tanto dell’effettivo
cambiamento della realtà, ma piuttosto dai suoi eventuali dettagli che prima ci
apparivano a-normali, alieni o lontani dalla consuetudine abitudinaria.
La mia quotidianità è
rappresentata dall’inarrestabile voglia di uscire che può essere
soddisfatta solamente dalla mia immaginazione e supportata dal mio
prolungamento ‘oculare’: un cannocchiale.
Cambio di prospettiva:
Il mio interno è l’esterno. L’esterno è il mio interno.
Posso sentirmi più
vicina a chi come me è lontano dai suoi cari, posso osservare le abitudini
degli altri, posso spiare di nascosto i comportamenti degli altri.
Continuo ad
interrogarmi sui significati e sulle potenzialità dello spazio stesso, in un
momento storico in cui la nostra quotidianità viene ridefinita.